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Immagine sintetica: il virtuale nella cinematografia

La rivoluzione dell'immagine sintetica


L’immagine sintetica, è un’immagine grafica ottenuta mediante sintesi al computer.  Un’esempio possono essere le immagini vettoriali, l’immagine fotografica, l’immagine cinematografica, l’immagine televisiva, ecc.

[...] il cinema, dopo tutto, continua ad essere comunque anche un racconto sul mondo, e sa mantenere intatta [...] la sua capacità di rendere visibili le maschere e le forme che di volta in volta, il mondo assume.
Gianni Canova

Questa frase di Gianni Canova (L’alieno e il pipistrello) descrive la storia del il cinema in maniera sublime.

In generale tutti sappiamo che il cinema ha attraversato una serie di cambiamenti. Passando dal cinema muto a quello sonoro, per poi evolversi passando dal bianco e nero ai colori. Oggi l’immagine sintetica.

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Gianni Canova


Il virtuale nella cinematografia


Il cinema è riuscito a convivere e ad assorbire i frequenti cambiamenti tecnologici, rimanendo pur sempre quella macchina che in sé tiene saldo il concetto di realtà e finzione.
Il bivio è dietro l’angolo. Nell’ultimo periodo la tecnologia informatica può essere in grado di rivoluzionare la concezione originale del cinema? La tecnologia può creare quella tanto agognato simulacro della realtà, ora che le immagini possono essere create da zero al computer? C’è un residuo di reale in questa operazione? Si può parlare di crisi della rappresentazione?

I segni, secondo Jullier (Il cinema postmoderno, 2006), possono diventare autoreferenziali, cioè possono richiamarsi tra di loro senza il bisogno di dover riferirsi ad oggetti reali. Possono quindi perdere ogni legame con la realtà. Teoria della  “circolarità della lingua”.
In territorio postmoderno, questo concetto varrebbe anche per i segni visivi. Un’immagine del tutto autoreferenziale. Una “perfezione inutile dell’immagine” direbbe Baudrillard, che minerebbe l’Autentico a favore dello “sterminio del reale per mano del suo doppio”.

Un’immagine senza un oggetto referenziale. Un’immagine creata dal nulla e strutturalmente fondata su sequenze numeriche di 0 e 1.
Questo modo di creare dal nulla un segno senza referente potrebbe essere il colpo di grazia, il compimento di quel “delitto perfetto” che Baudrillard tanto prospetta. Il delitto, secondo il filosofo francese, “non è mai perfetto, la perfezione invece è sempre criminale”.

Un nuovo regime che va a sostituire il vecchio, “rendendo di colpo obsoleto tutto il complesso teorico fondante lo statuto dell’immagine fotografica”. Il postmoderno distrugge i vecchi schemi e si nutre della frammentazione che ne rimane. Canova afferma: “si costruisce a partire dalla destrutturazione delle forme su cui la cultura occidentale aveva fondato negli ultimi due secoli il proprio sapere”.

L'immagine annulla di netto ogni traccia di impronta nel senso di “connessione fisica” con un oggetto reale. Cosa troviamo in queste immagini senza un oggetto referente? Perché ci intrigano al pari delle immagini chimiche, delle immagini fotografiche?


Peter Greenaway nota che seppur parliamo di realtà virtuale, è sempre di realtà che si tratta. La virtualità sta nel fatto che il cinema è capace di dare realmente forma a concetti astratti.
Ciò che la realtà virtuale crea è un panorama possibile, un possibile “come indicato da Deleuze, [che] rappresenta il polo complementare del reale in quanto contestualizzabile nell’ordine del latente, del fantasmagorico”. Il possibile, come dice Lévy non è altro che un reale a cui “manca solo l’esistenza”.
Non viene creato, quindi, nulla che non si ritrovi nel territorio del reale. Non viene mai creato un oggetto che neghi la realtà stessa delle cose.

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